Abu Dhabi City, Emirati Arabi Uniti

Khalid Khuddari non aveva intenzione di sbattere la porta dell’ingresso del suo studio, ma il senso di frustrazione che provava aveva avuto la meglio su di lui e la porta alta quasi tre metri si chiuse contro gli stipiti con un colpo violento come lo sparo di un fucile. Siri Patal, la sua assistente personale, lo guardò sbalordita e un po’ preoccupata con quei suoi occhi da cerbiatta, e Khalid rimase in piedi vicino alla porta cercando di calmarsi.

“Scusami” disse con un sorriso colpevole, “non è ancora mezzogiorno ma oggi è già una pessima giornata.” Siri lo guardò con malcelata ammirazione. Da quando aveva iniziato a lavorare per lui non riusciva a pensare ad altro che a diventare la sua donna, ma le circostanze e le tradizioni rendevano impossibile il realizzarsi di quel desiderio. Lei era indiana, secondogenita di un abile mercante che aveva portato tutta la famiglia nel Golfo durante il boom degli anni sessanta, e Khuddari era arabo. Lui era musulmano, lei era induista. Tutte barriere insormontabili.

Mise da parte le sue emozioni confuse e sorrise radiosa. “È così terribile?”

“Sì, terribile.” Il suo bellissimo viso non riusciva a nascondere la sua delusione.

Khalid era appena tornato dall’incontro con il principe ereditario. Un incontro che inizialmente era stato messo in agenda per il giorno prima, ma il sovrano degli Emirati Arabi Uniti lo aveva annullato all’ultimo minuto. Così si erano incontrati a colazione, e non era un buon segno. Il principe aveva più di settant’anni, e quindi gli incontri venivano fissati a metà pomeriggio, dopo il pisolino postprandiale. Tuttavia la sua età non indeboliva minimamente la sua capacità di governare, ma col passare degli anni era obbligato a fare qualche concessione al suo corpo. Khalid era arrivato puntualissimo alle dieci in punto e gli aveva raccontato quello che aveva scoperto, insistendo sui suoi sospetti nei confronti di Hasaan bin-Rufti. Aveva riferito anche della sua incursione oltre confine con Bigelow.

Il principe aveva ascoltato senza dire niente, con un’espressione imperscrutabile dietro i ciuffi di barba grigia così vecchia da ricordare un pollastro spelacchiato. I suoi occhi scuri, ancora vivaci e guizzanti, erano rimasti del tutto impenetrabili mentre Khalid parlava. Era impossibile capire se era affascinato o annoiato.

Quando Khalid ebbe finito il suo racconto, si rilassò appoggiandosi allo schienale imbottito della sedia della sala da pranzo, allungando un braccio dietro la spalliera in un gesto rilassato che doveva servire a nascondere la sua agitazione. Il principe versò per entrambi un’altra tazza di caffè turco, con le mani che tremavano leggermente mentre il liquido gocciolava nelle tazzine. La sua voce era fragile quasi come il resto del corpo, ma l’età non aveva indebolito la forza delle sue parole.

“Sin dai tempi del profeta Maometto i grandi leader del mondo hanno visto sfidare la loro autorità. Lo si potrebbe definire un rischio professionale.” Il suo modo di parlare così corretto e formale sembrava uscito da un altro secolo.

“Ora tu mi stai parlando con il cuore pieno di amore filiale e nel mio interesse per informarmi di un altro tentativo di strapparmi il potere. Ti sono grato per lo zelo che metti nell’assolvere i tuoi compiti, Khalid, tuttavia hai sconfinato fuori dal tuo territorio. Non sei un poliziotto. Sei il Ministro del petrolio, incaricato della salvaguardia della nostra risorsa naturale più importante. Non avresti dovuto fare quello che hai fatto. Sorvolare lo spazio aereo di Ajman senza autorizzazione è un’azione molto grave. Non credo che tu ti renda conto della posizione in cui mi sarei trovato se tu e la tua squadra foste stati scoperti. Tu sei consapevole quanto me che in questo momento la mia autorità presso il Consiglio Federale Supremo è più debole che mai. La tua incursione avrebbe potuto infliggermi il colpo fatale.”

Khalid aveva cercato di interrompere il principe, ma questi lo aveva zittito con un cenno della mano ossuta.

“So che ritieni di aver avuto dei buoni motivi. Le prove che hai raccolto sembrano puntare verso un qualche attentato alla mia vita da parte di Rufti. Ma noi non possiamo abbassarci al suo livello e infrangere le leggi sovrane dei nostri vicini. Più tardi mi occuperò della complicità del colonnello Bigelow in questa faccenda. È sufficientemente vecchio e saggio da saper fare di meglio che seguire un giovane come te in questa indagine.”

Khalid doveva dire qualcosa in difesa del suo mentore. “Il colonnello Bigelow non è responsabile per le sue azioni. Sebbene io non abbia l’autorità per impartirgli ordini diretti, ha accettato di seguirmi solo dopo molte e pesanti insistenze da parte mia.”

A quelle parole il principe sorrise per la prima volta quella mattina. “Se conosco Bigelow, penso che si sia offerto di seguirti non appena lo hai messo al corrente del tuo piano, ma la tua lealtà nei suoi confronti è lodevole. Ascoltami, Khalid, io mi rendo conto che l’hai fatto per me, ma tu devi capire che la posta in gioco è molto più alta di quanto pensi.

“Hasaan bin-Rufti è solo l’ultima incarnazione di una minaccia che risale ai tempi in cui l’umanità decise per la prima volta che aveva bisogno di un capo. C’è sempre qualcuno pronto a discutere e a cercare di appropriarsi di ciò che non gli spetta di diritto. E anche se, visti i tempi, Rufti potrebbe essere potenzialmente più pericoloso, non costituisce una minaccia più grande o più piccola di quelle che ho già affrontato in passato. Sono al corrente delle sue intenzioni da diversi mesi, a dire il vero da quasi un anno, da quando è andato a Istanbul l’inverno scorso.

“Ciononostante, non posso fare la prima mossa, devo aspettare che la faccia lui. Il mio ruolo mi impone di rimanere sulla difensiva. Non posso autorizzare alcuna azione offensiva senza attirarmi le ire degli altri membri del Consiglio Supremo.”

“Allora non farà niente?”

“Se lo facessi arrestare, lo sceicco di Ajman mi denuncerebbe immediatamente e temo che raccoglierebbe la simpatia di Dubai e di buona parte degli Emirati. Una simile coalizione sarebbe sufficiente a togliermi il ruolo di capo del Consiglio.

“In questo momento stiamo affrontando una crisi che coinvolge non solo gli Emirati, ma tutti i paesi del Golfo, e la maggior parte delle persone non se ne rende conto. Per cinquant’anni abbiamo avuto il potere di bloccare completamente l’Occidente chiudendo i rubinetti del petrolio. L’embargo degli anni settanta serviva solo a ricordare a tutti che noi, qui nel Golfo, non possiamo essere ignorati. Il Presidente degli Stati Uniti ha eliminato il nostro asso nella manica temendo che lo giocassimo di nuovo. Quando l’America smetterà di importare petrolio per convertirsi alle fonti alternative, l’Europa e l’Asia non tarderanno a seguirla. E noi? Faremo la fine dei maniscalchi dopo l’invenzione dell’automobile. Il petrolio diventerà una curiosità pittoresca usata da qualche nostalgico.

“La sola ragione per cui gli Emirati Arabi esistono come nazione sta nel fatto che possiedono una delle più grandi riserve naturali di petrolio del mondo. Quando questo non significherà più niente, quando il petrolio sarà sostituito, il nostro paese e buona parte del territorio in cui si trova si sgretoleranno. Pensi che se il Kuwait non avesse il petrolio il presidente Bush ci avrebbe mandato mezzo milione di uomini per difenderlo?”

Khalid rimase in silenzio, a riflettere su quelle parole. Si rendeva conto che a dispetto della sua età, il principe aveva ancora la capacità di vedere il mondo con occhi molto acuti. Ma Khuddari aveva dei dubbi sugli americani. “Pensa davvero che potrebbero vivere senza petrolio?”

“Ho imparato a non sottovalutare gli Stati Uniti. Vanno in giro per il mondo a fare gli spacconi e toccano tutto quello che vedono, come i bambini. Ma proprio come i bambini, hanno una determinazione che va oltre qualsiasi ragionevolezza. Sono un popolo intelligente, e se dicono che troveranno una fonte di energia alternativa, è il caso di crederci.”

Khalid nutriva qualche dubbio riguardo la valutazione del principe sull’America. Tornando all’argomento originale chiese: “Quindi cosa vuole che faccia riguardo a Rufti?”

“Sei atteso alla conferenza dell’OPEC a Londra, voglio che tu ci vada. Sei il Ministro del petrolio, non la mia guardia del corpo. Il tuo posto è in Inghilterra a curare gli interessi del paese, non qui a fare da balia a un vecchio.”

“E il campo di addestramento che abbiamo trovato?”

“Ci vorranno altri dieci anni prima che gli americani smettano di comprare il nostro petrolio. Da qui a quel momento ci sarà un periodo di grandi sfide, ma è ancora troppo lontano per pensare che Rufti possa rappresentare una minaccia reale. La presenza di quel campo è preoccupante, ma non credo che Rufti attenterà alla mia vita nel prossimo futuro. Nei dieci anni della moratoria degli americani continuerà a ingrassarsi con i profitti che il petrolio rovescia nei suoi forzieri, sia come cittadino degli Emirati e sia come Ministro del petrolio di Ajman.”

“Gli inglesi pensavano che avrebbero avuto un sacco di tempo quando hanno firmato la concessione di novantanove anni su Hong Kong. Adesso il contratto è scaduto e chiunque sia stato coinvolto nel passaggio ti può confermare che gli ultimi dieci anni sono passati in un lampo” commentò impulsivo Khalid, rendendosi immediatamente conto di aver oltrepassato i suoi limiti. Si alzò svelto per nascondere l’imbarazzo. “Se devo recarmi all’incontro dell’OPEC, è necessario che vada.”

Il principe era pronto a congedare Khalid, ma fece al giovane un’ultima domanda: “Leggi molti romanzi polizieschi?”

“No, signore, raramente trovo il tempo per letture diversive.”

“È un peccato” disse il principe. “Sembra che ci sia un assioma condiviso da tutti gli investigatori che trovo interessante: se non trovi il movente, prova a tenere d’occhio come girano i soldi.”

“Non capisco” rispose Khalid.

“Il fatto che ti abbia detto di lasciar perdere Rufti non significa che mi aspetto che tu obbedisca. Quando riprenderai le tue ricerche, ricordati delle mie parole.” Gli occhi dell’anziano sovrano brillavano di affetto e di orgoglio.

Tornato nel suo ufficio, Khalid si tolse la giacca. Nel mondo arabo gli uomini d’affari e i funzionari indossavano sempre il tradizionale abito di cotone bianco svolazzante, ma lui preferiva lo stile occidentale. Non portava i costosi e rigidi abiti italiani, preferiva lo stile classico e i raffinati tessuti inglesi.

Siri uscì da dietro la sua enorme scrivania e appese con cura la giacca a un pomposo attaccapanni. Khalid attraversò l’ingresso ed entrò nel suo ufficio chiudendosi la porta alle spalle, come se quel gesto potesse bastare a lasciare fuori tutti i problemi che doveva affrontare.

Siri entrò un attimo dopo, con movenze ritmate e accattivanti e si sedette davanti alla scrivania, ma Khalid non fece caso a lei.

Il suo ufficio era ampio, di gran lunga troppo grande per il suo stile austero. Le pareti erano rivestite di pannelli di ciliegio intagliati che venivano oliati tutti i giorni per farli brillare alla luce che entrava dalle alte finestre dietro la scrivania immacolata. Anche il pavimento era in legno, quasi interamente coperto da un tappeto dal disegno complicato, afgano o uzbeko. Alle pareti c’erano pochi quadri, una riproduzione del ritratto ufficiale del principe e qualche altro dipinto che ritraeva il paesaggio locale, con scene che sembravano aver colto l’essenza dello sconfinato deserto che si nascondeva oltre i confini di vetro e di acciaio della città.

“Trevor James-Price ha già chiamato?” chiese Khalid, sfogliando con aria assente i documenti che Siri gli aveva lasciato sulla scrivania mentre lui era all’incontro con il principe.

“No, il telefono non ha suonato questa mattina.” Era già piuttosto insolito che il suo telefono rimanesse in silenzio per qualche minuto, figurarsi per una mattinata intera.

Forse pensavano tutti che fosse già a Londra.

“Vai al meeting dell’OPEC?”

Khalid la guardò con aria stanca: “Non ho scelta. Per favore prenotami il primo volo disponibile E non dirlo a nessuno, niente accoglienza all’aeroporto e niente guardie del corpo.”

“Potresti prendere uno dei jet governativi.”

Come Ministro del petrolio, Khalid sedeva al tavolo della ADNOC, la Abu Dhabi National Oil Company, e aveva diritto a sfruttare i molti vantaggi della posizione, ma per motivi che Siri non riusciva a capire, Khalid rifiutava molti di quei privilegi, preferiva usare i voli di linea e rinunciare al codazzo permanente che accompagnava la sua posizione.

Siri tornò nel suo ufficio e fece le prenotazioni lasciando Khalid solo con i suoi pensieri, così frustranti da impedirgli di concentrarsi. Invece di dedicarsi a leggere i promemoria e le relazioni che Siri gli aveva preparato in vista della conferenza dell’OPEC, si voltò sulla sedia girevole a guardare il Golfo. Notò immediatamente la petroliera che aveva visto tornando dalla sua esplorazione con Bigelow. Era ancora in panne, anche se in quel momento non c’era movimento di barche attorno a quel colosso. Sembrava una nave fantasma.

Khalid si rigirò verso la scrivania scacciando il pensiero di quella nave. Si concentrò per qualche minuto sui documenti, ma poi la curiosità ebbe la meglio. Jim Gibson, un consulente americano di geologia petrolifera, aveva lo studio un paio di piani più sotto. Accanto alla scrivania Gibson aveva un magnifico telescopio di ottone che usava per spiare i bagnanti dello Sheraton. Khalid prese il telefono e fece il numero dell’interno. Gibson rispose al primo squillo.

“Jim, sono Khalid Khuddari. C’è niente di interessante da vedere sulla spiaggia?”

“No, l’ultima volta che ho controllato c’erano solo un paio di scheletri con le tette e una cicciona da centocinquanta chili, signor Ministro.” Il suo forte accento texano rimbombava nel telefono.

Khalid rise per lo spirito dell’irrimediabile sporcaccione americano. “In tal caso avrei bisogno di un favore, potresti dirmi come si chiama la petroliera all’ancora in mezzo alla baia?”

“Certo. Dammi solo un secondo.” Gibson appoggiò il telefono e si allontanò per qualche minuto. “Da qui non vedo molto bene, ma direi che si chiama Southern Arabia.”

“Grazie, Jim. L’ho vista ieri e mi chiedevo che nave fosse.”

“Ieri? Quella bagnarola è qui da due settimane.”

“Ne sai niente?” Khalid era sempre più incuriosito.

“Mi dispiace, io non porto a spasso quella roba” disse riferendosi al greggio.

“Grazie comunque. Magari quando torno da Londra ci vediamo.”

“Mi meraviglia che tu non sia già là.”

“Il lavoro del burocrate, per quanto in alto esso sia, non finisce mai.” Khalid riagganciò prima che Gibson potesse fargli domande su quel ritardo nella partecipazione alla sua prima conferenza dell’OPEC in veste di rappresentante ufficiale degli Emirati.

Il computer di Khalid stava già lavorando con lo screensaver che faceva rimbalzare le forme geometriche contro i lati del monitor. Gli ci vollero parecchi minuti per trovare tra i tanti menu le informazioni che stava cercando: una lista in ordine alfabetico delle petroliere che solcavano regolarmente le acque del Golfo. Usando il mouse scorse velocemente la lista ma non c’era alcun riferimento alla Southern Arabia. Incuriosito, era sul punto di chiamare le autorità portuali, quando la voce melodiosa di Siri lo chiamò all’interfono.

“Signor Ministro, c’è Trevor James-Price sulla linea uno.”

“Grazie, Siri” disse prendendo il telefono. Sorridendo tra sé, si ricordò del periodo trascorso con Trevor a Cambridge.

Durante l’università Trevor era stato l’unico amico di Khalid che non vedeva la vita come una sequenza di ostacoli da superare. Per lui ogni giorno era una preziosa risorsa da sfruttare al massimo utilizzando tutto il potenziale contenuto in ogni secondo di ogni ora. Che si trattasse di rompersi la testa per preparare un esame o di rilassarsi al pub con una birra e una bella ragazza sottobraccio, Trevor aveva un talento speciale per godersi ogni istante della vita. Una volta gli aveva spiegato l’improbabilità matematica della vita di ogni persona e degli innumerevoli eventi casuali che si erano verificati dalla creazione dell’universo in poi per rendere possibile l’esistenza di un individuo e impossibile quella di un altro. Aveva concluso dicendo che le probabilità che abbiamo di arrivare a esistere sono di “infinito a uno”. E perché non trarre il meglio dalla più straordinaria scommessa della storia? Trevor aveva preso trenta e lode in filosofia e in lettere classiche, con un percorso accademico eccellente per gli annali di Cambridge.

Aveva pubblicato il suo primo libro di filosofia quando aveva solo ventiquattro anni, e a trenta era diventato il pupillo dell’élite intellettuale europea. A trentacinque anni era diventato un alcolizzato esaurito con una ex-moglie e tre bambini che non vedeva da anni. Si guadagnava da vivere facendo il giornalista freelance e attualmente stava lavorando a un servizio infuocato sul cartello dell’OPEC. Khalid gli aveva chiesto di tenere d’occhio Hasaan bin-Rufti mentre si trovava a Londra.

“Ciao Trev, come vanno le cose nella piovosa vecchia Inghilterra?”

“Non so se è più umido fuori o nelle mutande delle ragazze.”

“Prova a pensarci. Mi hanno detto che a Blighty non piove da parecchio tempo.”

“E lasciami divertire un po’, negriero che non sei altro!” brontolò Trevor con fare plateale.

“Come sta andando la conferenza?”

“I preliminari sono conclusi e i vari portaborse si sono dati da fare a sufficienza da assicurarsi di non rimanere disoccupati per un altro anno. Come già sai, i capi dell’OPEC si vedranno domani. Sento dei rumori di fondo, direi che non è una telefonata locale, vero?”

“Sono ancora ad Abu Dhabi. C’è qualche assente?”

“Solo tu e Juan De la Bruille del Venezuela. Tutti gli altri petro-nababbi sono presenti e registrati, compreso il tuo amico grassottello.”

“Rufti non è un mio amico” gli rammentò Khalid. “E cosa combina?”

“Vuoi l’itinerario completo o solo le tappe principali?”

“Falla breve, ho una montagna di cose da fare prima di partire.”

“Allora sua altezza ci farà l’onore della sua presenza?” scherzò Trevor.

“Come direbbe quell’americano che divideva la stanza con te al secondo anno, altezza ’sto cazzo.”

“Come siamo suscettibili.”

“A dire il vero, Trevor, sì, lo sono. Qui le cose non sono molto semplici. Si potrebbe dire che il nostro castello di carta è in balìa del vento.”

“Intrappolato tra Scilla e Cariddi, eh?”

“Può darsi, non ho idea di cosa voglia dire.”

“Mitologia greca. È come dire che sei tra l’incudine e il martello.”

“Sì, è più o meno così” sospirò Khalid.

“Ne parliamo più tardi, allora.” Trevor aveva percepito il tono di voce del suo amico e aveva saggiamente lasciato cadere il discorso. “Rufti ha fatto il carino con le cameriere e anche con un paio di sguattere.”

Trevor alludeva ai rappresentanti delle Sette Sorelle, le cameriere, mentre le sguattere erano i funzionari delle compagnie petrolifere più piccole.

“Qualcuno in particolare?”

“A dire il vero, sì. Nientemeno che Max Johnston in persona. Lui e Rufti sono stati pappa e ciccia dal momento in cui è arrivato Johnston, stamattina.”

“E cosa si dice al riguardo?”

“L’ultima che ho sentito è che Rufti vuole un po’ dei soldi della Petromax per scavare dei pozzi esplorativi ad Ajman. Sembra che abbiano in mente un’operazione mordi e fuggi: estrarre tutto il petrolio che possono e passare al sito successivo. Considerati i limiti di tempo che si sono dati gli americani, si direbbe che sia l’unica cosa che possono fare.”

“È un’ipotesi sensata” ammise Khalid. “Ajman ha delle riserve di petrolio che vuole tirar fuori prima che gli americani smettano di comprarlo.”

“Il Qatar e il Kuwait stanno trattando qualcosa di simile con le Sette Sorelle” concordò il giornalista. “Stanno mettendo in atto un taglio dei prezzi pur di piazzare il petrolio sul mercato.”

“Hai l’impressione che l’OPEC stia progettando una riduzione dei prezzi ufficiali?”

“Assolutamente no” disse James Price. “Sono trattative che vengono fatte sottobanco. I gruppi di vigilanza sugli scambi mercantili non devono saperne niente. Ufficialmente, i ministri stanno parlando di un aumento del quattro per cento a barile in risposta all’aumento dei prezzi del greggio Brent Light Sweet.”

“Quindi secondo te non c’è niente di sospettoso nel comportamento di Rufti?”

“Non ho detto questo. Rufti, così come il Ministro del petrolio iraniano e il recente neo-nominato rappresentante dell’Iraq, hanno tenuto incontri molto riservati e in luoghi molto appartati.”

“Iran e Iraq? Cosa diavolo ci fa con loro?”

“Non ne ho idea, vecchio mio. La sicurezza tiene quegli incontri blindati e inaccessibili. Di giorno quei tre stanno a debita distanza l’uno dall’altro, ma nelle ultime due serate le loro limousine sono state viste parcheggiate davanti allo stesso ristorante o allo stesso albergo. Qualsiasi cosa stiano discutendo deve essere una faccenda importante ed estremamente confidenziale.”

“Trev, ho bisogno che tu scopra cosa stanno tramando.”

“Mi piacerebbe, ma devo scrivere un articolo. Giocare al detective per te è stato un bel diversivo, ma devo pagare degli alimenti che superano il PIL di parecchi paesi. Devo tornare al mio pezzo, mi dispiace.”

“Ti sto staccando un assegno in questo istante, per centomila dollari. Procurami quell’informazione ed è tuo.”

“Khalid non ho bisogno della tua beneficienza” disse Trevor irritato.

“Sono io che ho bisogno della tua.” Khalid abbassò il ricevitore senza salutarlo.